Massimiliano Montaldi - Biologo Nutrizionista

Approfondimenti

Massimiliano Montaldi - Biologo Nutrizionista

La gradita (ri)scoperta dell'integrale

Da migliaia di anni l’Uomo consuma cereali. Conosciuti, inizialmente, in forma selvatica, con l’avvento dell’agricoltura sono stati coltivati con estensione sempre maggiore. Con la macinazione dei chicchi si scopre, poi, la principale applicazione dei cereali nell’alimentazione umana: la produzione di farine, pietra miliare per lo sviluppo della panificazione. Il primitivo utilizzo, naturalmente, era della farina integrale tal quale. Con il tempo sono affiorati i pregi tecnologici della raffinazione, ma (dopo migliaia di anni!) soltanto negli ultimi decenni abbiamo assistito all’”esplosione” delle farine raffinate, giustificata dal miglioramento delle prestazioni tecnologiche (maggior alveolatura e sofficità, miglior controllo dell’umidità) e dall’aumento della conservabilità (minor irrancidimento a causa dell’allontanamento del germe, controllo dell’attività dell’acqua). Questa ricerca del “raffinato” ha trovato la sua massima espressione con le farine “0”, “00” (che i nostri antenati non avevano mai conosciuto) e, addirittura, con farine super-raffinate di ultima generazione (ottenute dal cuore della cariosside o miscelando la “00” con amido puro).

Negli ultimi anni, come un “contraccolpo” salutistico all’aumento di problemi alimentazione-correlati, simile ad una voce lontana, sta emergendo una (ri)scoperta dell’integrale. Anche se questo evento suona come una “conquista” del genere umano (tanta è, ormai, l’abitudine alla presenza delle farine raffinate) non si tratta che di un ritorno a ciò che la natura ci ha offerto originariamente. Sono le farine bianche ad essere impoverite (durante la raffinazione) mediante l’allontanamento delle parti “nobili” del chicco: crusca, cruschello, tritello, aleurone e germe! Non vediamo, quindi, l’integrale, come un optional che ci viene generosamente concesso, ma come un diritto che abbiamo e che avevamo perso sotto la pressione della tecnologia e dell’apparenza.

Ma a cosa rinunciamo, scegliendo sistematicamente una farina bianca piuttosto che una integrale? Senza cadere in banali sensazionalismi e senza parlare di killer o veleni (se si segue un’alimentazione corretta che preveda già adeguata quantità e frequenza di legumi, frutta, verdura, semi, olio extravergine di oliva e frutta secca, un discreto consumo di farine raffinate risulta innocuo), prendiamo atto che perdiamo molto e su più fronti. Detto fra noi, in termini nutrizionali la farina integrale può essere paragonata ad un’immagine a colori, mentre quella raffinata è soltanto una fotocopia in bianco e nero! I pregi nutrizionali delle farine integrali riguardano vitamine, minerali (anche se, pur avendo un maggior contenuto di minerali, possono contenere fattori “antinutrizionali” che ne diminuiscono la disponibilità), quantità e disponibilità di carboidrati (l’integrale si associa, generalmente, ad un indice glicemico ed un carico glicemico minori), quantità e qualità di fibra, proteine, lipidi e presenza di fitocomposti ad azione antiossidante. Questi pregi si traducono, quindi, in un miglior stato nutrizionale, un minor impatto glicemico, un minor apporto calorico e una maggior sazietà, un maggior apporto di acqua e in tutta una serie di dimostrati effetti protettivi verso diverse forme di tumore e sui sistemi cardio-circolatorio e gastro-intestinale.

Dunque, senza necessariamente dedicarsi ad una vita 100% integrale, accanto ad un moderato consumo di farine raffinate, ritroviamo anche il piacere di consumarle nella loro forma “originale”: come spesso accade, la soluzione più semplice è anche la più efficace!

Dott. Massimiliano Montaldi